L’ultima fuga: Australia
Silvana Tuccio


La mia presenza in questa sala del festival Sguardi altrove, anche se solo in collegamento digitale, rappresenta un’importante occasione per parlare di cinema e cultura fra l’Italia e l’Australia.

Sono stata direttore artistico di una rassegna cinematografica nel lontano 2002 dal titolo Sguardi australiani. I materiali delle sue cinque edizioni, incluso sottotitoli, poster, cataloghi etc. costituiscono oggi l’Archivio Sguardi australiani presso il Monash University Prato Centre, Prato, Italia.

I tre film australiani The Spag (1963) di Giorgio Mangiamele, Spaventapasseri di Luigi Acquisto (1986) e Arrivederci Roma di Geoffrey Wright (1979) proiettati in questi giorni durante la finestra sull’Australia provengono dall’Archivio di Sguardi australiani a Prato. Nell’Archivio sono custoditi anche un film di Franco di Chiera e diversi film di David Vadiveloo.

La rassegna Sguardi australiani voleva presentare un’immagine dell’Australia più vicina alla realtà. Per fare questo sono andata alla ricerca di registi che potessero raccontare la vita nella metropoli come la conoscevano loro. I registi erano di background culturale diversi. La rassegna ha fatto conoscere in Italia i lungometraggi, corti e documentari di Tracey Moffatt, Ivan Sen, Giorgio Mangiamele, David Vadiveloo e molti altri artisti australiani e i temi affrontati intorno al discorso della diversità culturale: le origini, l’indigenalità, l’identità, la città e gli spazi metropolitani.

Patrizia Rapazzo, direttore artistico di Sguardi Altrove Film Festival, mi aveva comunicato il suo desiderio di parlare del fenomeno dei giovani italiani in Australia. Durante l’ultimo viaggio in Australia mi sono resa conto della dimensione di questa nuova ondata di persone dall’Italia e da diverse altre parti del mondo. Vorrei evitare la parola “migrante,” anche se non possiamo fare a meno di ricordare le ondate di migrazioni dall’Italia verso altri continenti in diverse fasi del secolo scorso. Nel mio lavoro di ricerca ho preferito parlare dello straniero, tenendo conto che il fenomeno migratorio significa spostarsi su rotte stabilite avanti e indietro—il fenomeno è un motus. Invece, nello spostamento di persone da un luogo ad un altro, il viaggio è di sola andata. Arrivata in un luogo, la persona diventa di quel posto, e ancor di più i bambini e i giovani. Queste persone possono avere un bagaglio culturale fatto di ricordi, abitudini, conoscenze, punti di vista e via dicendo che viene difficile attribuire loro senza una qualche forma di scambio di parola, o di contatto. Per esempio, quando durante un viaggio ci troviamo a parlare con uno straniero, è solo nella comunicazione che la storia, le circostanze e la personalità della persona viene rivelata, e, senza renderci conto, cerchiamo di trovare quello che ci accomuna. Il problema qui, però è quando lo straniero siamo “noi.”

Colgo l’occasione per ricordare che il 21 marzo è  stata la giornata mondiale contro il razzismo. L’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ha indetto una settimana d’azione in tutt’Italia. Aggiungerei solo un’analogia: Se una farfalla arriva nel vostro giardino, immagino che non la cacciate via?

Quindi sul  tema degli italiani in Australia ho selezionato tre film fra tanti altri. Sono cortometraggi girati in epoche diverse, che lanciano un sguardo sul fenomeno dello spaesamento e del pregiudizio, i protagonisti principali sono degli italiani nuovi arrivati in terra australiana. CONTINUARE A LEGGERE